MARTIN (WAMPYR) | Il capolavoro "vampirico" di George A. Romero



Martin (John Amplas) è un ragazzo che si crede un vampiro di più di ottant’anni. Impossibilitato a nutrirsi di sangue in maniera canonica, poiché sprovvisto di canini adeguati, egli si serve di una siringa di anestetico per addormentare le sue vittime, preferibilmente belle donne, cui poi taglia le vene per bere comodamente… o meglio, così dovrebbe andare. Ma così è solo nella sua fantasia schizofrenica, colma di sequenze in b/n da romantico cinema vampirico di una volta. Nella realtà, ogni aggressione di Martin è brutale e piena d’imprevisti, tutt’altro che elegante e potente a vedersi, violenta e selvaggia. Nei fatti sono stupri mancati, per via della peculiare patologia mentale del ragazzo, che non sa finalizzare altrimenti.

A peggiorare la situazione ci penserà l’anziano cugino Cuda (Lincoln Maazel), un bigotto superstizioso che crede nel vampirismo di Martin quasi più di quanto ci creda il ragazzo stesso. Il quale è dunque costretto a vivere dunque questo doppio, ciclico tormento di credersi vampiro, salvo negarlo quando la condizione gli viene imposta dall’ignoranza della gente comune… forse per questo mutata improvvisamente in qualcosa di viscido e opprimente, ‘sporcata’ dal disgusto ammuffito di quei caproni. Salvo poi tornare a immergervisi subito dopo, proprio per fuggire da essi.

Martin (USA 1976, di George A. Romero) è insieme la storia modernissima di una grave psicopatologia persa, anzi alimentata nel disagio dell’ignoranza e della superstizione; una delle migliori decostruzioni del mito del vampiro di sempre; e una sorta di anti L’esorcista: con una citazione esplicita del film di Willian Friedkin (dalla bocca dello stesso Romero, nel ruolo cameo di un prete!), e con tanto d’intervento di una sorta di pseudo padre Merrin. Intervento ovviamente inutile, che culmina in quella magnifica sequenza del travestimento da vampiro di Martin.

Tutto questo girato ovviamente con due soldi. Ma dietro l’obiettivo c’era Mr. Romero, e tanto bastò a fare un capolavoro di questo “film minore” che minore non è affatto. (E davanti un protagonista a dir poco immenso, oltretutto.)

In Italia è stato ribattezzato
Wampyr e tagliuzzato e rielaborato dal solito Dario Argento, con invadenti musiche dei Goblin annesse. E pensare che già la versione originale, di 95’, è molto più breve di come doveva essere: si parlava di 2 ore e 45’, ma recentemente – come vi avevo raccontato in una mia precedente news - pare che Michael Gornick, il direttore della fotografia di Martin, abbia rinvenuto la versione originale del film, che durerebbe la bellezza di 3 ore e mezza! Chissà se riusciremo mai a vederla con i nostri occhi.



Originariamente pubblicato su Instagram.

Martin su IMDb.


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