LA BAMBOLA ASSASSINA (2019) | Un nuovo Chucky per il terzo millennio



Tra i franchise horror di maggior successo dobbiamo senz’altro annoverare La bambola assassina, in originale Child’s Play. Creato da Don Mancini, al primo film della saga originale (1988, scritto da Mancini, John Lafia e Tom Holland, e diretto da quest'ultimo) ne seguiranno altri sei, sino a Il culto di Chucky (2017, scritto e diretto da Mancini), buona parte dei quali usciti direttamente in home video.

Come in tutte le saghe horror che si rispettino, l’autentico protagonista nonché fulcro delle vicende è il mostro/killer. In questo caso lo sboccato bambolotto Chucky, personaggio ironicamente eccessivo – decisamente figlio della sua epoca – che deve la sua passione per l’omicidio efferato al fatto di essere un vero e proprio serial killer: ovvero Charles Lee Ray (Brad Dourif, che ha anche sempre doppiato Chucky), la cui anima, in punto di morte, viene intrappolata da uno sfortunato rito voodoo nell’esemplare di un popolare giocattolo a pile. Nel corpo artificiale della bambola Chucky, Charles farà di tutto per riottenerne uno umano: ma non sarà affatto un’impresa semplice.

Così, da un esordio intriso di critica al consumismo dilagante, la saga originale de La bambola assassina passava presto a un puro e sanguinolento slasher di marca soprannaturale e demenziale, largamente centrato sulla sua stravagante e iconica creatura: un vero e proprio mattatore dell’omicidio, dall’umorismo nero spesso irresistibile.


Un'immagine del Chucky originale, dal film del 1988.



Per una complicazione legata ai diritti, con quelli del primo film di Holland saldamente in mano alla Metro Goldwyn Mayer, e quelli degli episodi successivi detenuti invece da Universal, nel 2019 proprio la MGM ha potuto procedere a un – è il caso di dirlo – avveniristico reboot: l’inizio di una potenziale nuova saga, parallela a quella storica. La cosa non è iniziata sotto i migliori auspici, considerato come lo stesso Don Mancini abbia preso le distanze dal nuovo film, chiedendo espressamente di non essere citato tra i suoi produttori esecutivi. A tale proposito, ricordo come anche il suo concept originale stia per essere rebootato, stavolta in forma di serie TV per Syfy, apparentemente sotto il controllo diretto dello stesso Mancini.

Eppure questo nuovo Chucky cinematografico è ben più di una semplice scusa per far cassa, sfruttando furbescamente qualcosa di già noto agli appassionati: quello, cioè, di cui vengono spesso accusati buona parte dei remake/reboot recenti. Il nuovo Chucky, (ri)scritto in maniera assai ispirato da Tyler Burton Smith (Kung Fury 2, attualmente in post produzione), e girato con gran mestiere da Lars Klevberg (Polaroid), è invero quella rilettura moderna, efficace e fresca di un classico che non ti aspetti. Un esempio molto positivo di come fare un reboot che risulti niente affatto superfluo.



Il film di Klevberg rispetta il canovaccio di partenza, facendo tuttavia piazza pulita delle origini sovrannaturali del sanguinario bambolotto, a favore di un approccio decisamente più sci-fi. Qui Chucky (divertente il modo in cui otterrà il suo iconico nome proprio…) è un esemplare di una linea di sofisticate bambole robot, i Buddi, capaci di connettersi a internet e a moltissimi servizi e congegni dedicati, secondo la sempre più diffusa tecnologia del cloud computing. I Buddi sono l’ultimo prodotto di successo della Kaplan, un’azienda che tra spot e citazioni varie non può non ricordare la OCP di Robocop. Non un caso, dato che a produrre questo La bambola assassina è la Orion, già dietro al capolavoro di Paul Verhoeven del 1987.

Al di là della svolta fantascientifica, anzi proprio tramite essa, il film riesce inoltre a recuperare l’elemento di critica sociale presente nel capostipite della saga originale, ovvero il già citato e omonimo
Child’s Play/La bambola assassina di Tom Holland del 1988. A cominciare dalle cause a monte della “follia” di Chucky, manomesso da un tecnico ignobilmente vessato in una lontana fabbrica in Vietnam, suo ultimo "lavoro" prima di suicidarsi per un licenziamento ingiusto. Giunto negli scaffali di un supermercato di Detroit, nel Michigan, il bambolotto alterato viene venduto, ma viene subito reso come difettoso. 

È così che finisce nelle mani di Andy (Gabriel Bateman): qui un adolescente problematico che non riesce ad accettare completamente né la sua povertà, in quanto figlio di una ex ragazza madre (Aubrey Plaza) che a stento sbarca il lunario lavorando come commessa in un supermercato, né il suo essere ipoudente; odiando tanto il suo vecchio cellulare dallo schermo venato, quanto il suo obsoleto e vistoso apparecchio acustico, con serie ripercussioni sulla sua capacità di socializzare. Ed è proprio la madre di Andy, Karen, a intercettare nel "suo" supermercato il Buddi modificato prima che venga dismesso. La donna riesce così a fare al proprio figlio un regalo tecnologico "di lusso"; che per quanto apparentemente fallato (oltre che già superato da imminenti nuove, migliorate versioni) nel tempo si rivelerà, a suo modo, persino sin troppo efficiente!


Sfruttamento, disagio, difficoltà relazionali, dipendenza dalla tecnologia e dagli status symbol: il quadro è ampio e strutturato. Ma non crediate per questo che La bambola assassina sia un film cupo e depresso, tutt’altro: anzi riesce a toccare temi delicati e complessi senza per questo soffocare in alcun modo una storia anzi molto avventurosa e piacevole, molto anni Ottanta direi (con fior di citazioni annesse), che riesce a intrattenere dall’inizio alla fine film. Merito di una solida sceneggiatura, e di personaggi ben caratterizzati e interpretati: da quelli positivi come Andy e Karen, o ancora il vicino poliziotto Mike (Brian Tyree Henry) e la banda degli amici di Andy, tra cui spiccano l’autoritaria Falyn (Beatrice Kitsos) e il bonaccione Pugg (Ty Consiglio); a quelli più negativi, come l’amante di Karen, l’odioso Shane (David Lewis), o ancora il tecnico condominiale Gabe (Trent Redekop), a dir poco viscido e disturbante. 

Un eccellente affresco corale intorno alla star Chucky, rinnovato da un design e una caratterizzazione niente affatto inferiori a quelli classici, e animato da eccellenti effetti speciali nonché dall’efficace doppiaggio originale di Mark Hamill. Qui Chucky è sostanzialmente una intelligenza artificiale sociopatica, in quanto privata di quelle limitazioni (Asimov docet!) che dovrebbero quadrarne il comportamento come assistente del suo «migliore amico» umano: per esempio senza invaderne eccessivamente gli spazi e senza cagionare danno a lui e a chi lo circonda. Chucky, invece, assorbirà acriticamente ogni input, diventando un vero e proprio stalker del povero Andy, pronto a tutto pur di fermare ogni cosa, e soprattutto persona che ritenga farlo soffrire, o anche solo mettere a rischio quella che ritiene essere la loro intoccabile "amicizia". 

Un personaggio molto diverso dal vecchio (fu) Charles Lee Ray. Una versione di Chucky non priva di autentica tragicità (almeno per un po’, il suo attaccamento a Andy risulta effettivamente toccante), il cui comportamento andrà alterandosi sempre più in negativo, risultando infine del tutto ingiustificabile. In sintesi, se il vecchio Chucky nasce serial killer, con il nuovo se ne illustra in modo affascinante la genesi: da una fascinazione istintiva verso i gesti violenti (la scena in cui mima la prima coltellata vista, in cucina, apprendendone così l’azione), all’incapacità di distinguere tra fantasia e realtà (il divertimento dei ragazzi di fronte a film splatter – Non aprite quella porta 2 – scambiato per divertimento per la violenza autentica), all’"evoluzione" graduale (la prima vittima è il gatto di casa), sino a kill sempre più creative e sadiche, e così via. Insomma una storia che rispetta le regole classiche della genesi del serial killer: il problema è che questo Chucky è anche una sorta di Skynet in miniatura (Terminator docet!), le cui inaudite potenzialità esploderanno con tutta la loro disastrosa creatività nella parte avanzata del film – specialmente nel gran finale del supermercato!



In conclusione, La bambola assassina del 2019 è un eccellente reboot che mi ha impressionato molto favorevolmente. Uno sguardo tutto nuovo sul mito di Chucky, capace di proiettarlo nel futuro mantenendo quando serve della versione classica (anzi, recuperando quella critica sociale che 
– come dicevamo – si era persa nei sequel), e sublimandone anzi lo "spirito anni Ottanta" che ne è stato l'imprescindibile humus. 

Pertanto, mi sento di consigliarvene decisamente la visione!





LA BAMBOLA ASSASSINA (Canada/USA 2019)
Regia di Lars Klevberg
Scritto da Tyler Burton Smith 
Soggetto originale di Don Mancini
CAST: Gabriel Bateman (Andy), Aubrey Plaza (Karen), Mark Hamill (Chucky), Brian Tyree Henry (Mike), Beatrice Kitsos (Falyn), Ty Consiglio (Pugg), David Lewis (Shane), Trent Redekop (Gabe), Tim Matheson (Henry Kaslan).


Edizione Blu-ray*
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