SATOR | Un'oscura entità ancestrale che attraversa la vita, la storia, il cinema


Non so dirvi molto di Jordan Graham, ma conviene senz’altro annotarsi il suo nome. Graham è un cineasta indipendente, relativamente giovane (nato nel 1986 a Santa Cruz, in California USA – racconta Imdb), e neanche troppo prolifico considerato in qualità di regista, avendo al suo attivo le direzioni di due soli lungometraggi, Specter (2012), del quale so nulla; e questo Sator (2019) che mi ha subito attirato per la “leggenda” che lo circonda. Sator è un film radicato intimamente nell’esperienza personale e familiare del suo autore, che per realizzarlo ha consumato ben sette anni della sua giovane carriera, impegnandosi in una produzione indipendente a 360 gradi – curandone praticamente ogni aspetto realizzativo, come ostenta fiero nei titoli di coda – risultata infine piuttosto difficoltosa e travagliata.

Questo per un film che, sulla carta, leggendone la sinossi, sembra "semplicemente" aggiungersi al ribollente calderone dell'horror folk/psicologico à la The VVitch, Midsommar, The Dark and the Wicked e via discorrendo. Ovviamente la dedizione maniacale per un progetto personale non è, di per sé, il sigillo di un successo. Ma dopo aver visionato Sator, che alla sua uscita nei festival ha comunque fatto molto ben parlare di sé (uscendo poi al pubblico in direct to video solo il mese scorso, febbraio 2021), mi sento di azzardare che siamo di fronte a qualcosa di davvero particolare. Se non propriamente unico.


Sator è introdotto dal racconto di Nani (June Peterson, impressionante la sua performance) la nonna della famiglia protagonista del racconto, sullo scorrere di inquietanti immagini in b/n in 4/3. “Scorrere” letterale, poiché mentre l’anziana, che scopriremo essere possibilmente affetta da qualche forma di demenza, racconta la storia di Sator il demone che possiede lei e la sua genealogia, scrivendo automaticamente fogli su fogli di materiale di difficile decifrazione, assistiamo a una sorta di rito che ha luogo (realmente?) nella sua casa, percorsa stanza per stanza dalla camera. Gremita di candele e simboli, la scena è conclusa da una sinistra apparizione e una sorta di sacrificio/ascensione (vedi l'immagine sopra).

Già nella sua introduzione, che potrebbe essere distaccata dal film divenendo un corto artistico magnificamente autosufficiente, Sator ovvero Graham esprime una ricchezza e una perfezione tecnica impressionante. La cura di ogni dettaglio nella regia, montaggio, fotografia, messa in scena è opera di genio visionario purissimo, ispirato. Musica e suono costituiscono una texture finissima, capace di integrare emotivamente la visione in una dimensione di lucido delirio. Puro cinema-esperienza che s’insinua immediatamente nell’animo dello spettatore.


Questo lucido, emozionante delirio prosegue dopo i titoli. L’immagine è ora a colori, il rapporto d’aspetto un oggi più consueto 16/9 (si penserà a una transizione tra flashback e presente, ma la cosa si complicherà in seguito…), e siamo in mezzo alla natura (un bosco, alberi altissimi) con un cacciatore (Gabriel Nicholson) e il suo cane. Le immagini sono suggestive e sublimi, ricordando il naturalismo sperimentale di un Ben Rivers o di uno Scott Barley. Il nostro cacciatore interagisce in maniera esperta ma elementare con un ambiente che osserva con riverenza e un pizzico di tremore. Ma nel fluire dai suoi primi piani ai campi lunghi, lunghissimi che lo avvolgono, spesso riempiti di barriere di alberi e rocce, ci chiediamo chi, tra l’uomo e la natura, sia qui l’autentico osservatore.

Il modo d’introduzione dei personaggi, quasi occasionale senza presentarli immediatamente in modo chiaro, è segno di come il naturalismo tecnicamente impeccabile di Graham sappia fondersi, senza soluzione di continuità, nella rappresentazione della sua idea di mondo spirituale. Scopriremo solo molto in seguito come il protagonista (o quello che appare tale) risponda al nome emblematico di Adam. Di come si sia isolato nella natura, in fuga o forse alla ricerca di qualcosa che perseguita la sua famiglia da sempre. Che probabilmente è all’origine della sparizione di sua madre anni prima, che comunica in qualche modo attraverso la demenza sapiente di Nani. E Adam troverà eccome le sue risposte, alla fine di questo film che è un percorso enigmatico elegante, simbolicamente denso e notevolmente sofisticato e coerente.


Sator è un horror d’autore di grande cultura, estro e atmosfera. Il nome latino Sator (seminatore, coltivatore) non suonerà affatto nuovo ai conoscitori dell'Antichità o dell'esoterismo. Per saperne di più cercate informazioni (Wikipedia è più che sufficiente...) sul Quadrato di Sator, che implica anche il termine “Tenet” reso recentemente celebre da un altro certo film…


A proposito di Sator ho parlato di “demoni”. Ovviamente, siamo in territorio “pagano” e precristiano, dunque Messer Satanasso c’entra poco e nulla. Più esattamente, di divinità ctonie si tratta, austere e terribili. 


E questo film è l’affresco di tali credenze che al cinema ancora mancava.



SATOR (USA 2019) di Jordan Graham
CAST: Gabriel Nicholson (Adam), June Peterson (Nani), Pete (Michael Daniel), Wendy Taylor (la madre), Rachel Johnson (Evie), Aurora Lowe (Deborah).




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