I MITCHELL CONTRO LE MACCHINE | Una famiglia naturalmente eccentrica salverà il mondo?
I Mitchell sono la "tipica" famiglia americana composta da 2 genitori e 2 figli dei 2 sessi opposti. Abbiamo il grosso e bonaccione papà Rick; l’amorevole mamma Linda; la figlia maggiore Katie, una videomaker indefinitamente sospesa tra genio e follia; e il piccolo e imbranato Aaron fissato coi dinosauri. Ovviamente non può mancare il cane, che è anzi un’autentica star del film: Monchi, un carlino grassoccio e decisamente non addestrato a nulla, comicamente imbranatissimo.
Insomma, a dispetto di un colorito migliore i Mitchell discendono esattamente dallo stesso ramo dei Simpson: sono cioè una "normale" famiglia "disfunzionale" d’America, le cui nature borderline stanno incomprensibilmente in perfetto equilibrio tra loro. Un po’ come accade – tornando alle creature di Matt Groening – con le molteplici malattie del Sig. Burns: talmente varie e gravi da compensarsi tra di esse, mantenendolo in vita. O almeno, è così sino a un certo punto: elemento centrale de I Mitchell contro le macchine è infatti proprio una crisi interna alla famiglia, & i conseguenti tentativi di ricomporla.
La protagonista del film è decisamente Katie (in originale doppiata dalla similmente geniale Abbi Jacobson), che funge anche da narratrice degli eventi. Come anticipavo, Katie è una brillante videomaker che ha saputo farsi un nome nel Web grazie a dei corti kitsch e surreali, molti dei quali vedono protagonista Monchi nelle vesti di poliziotto (sic!). La ragazza vive totalmente immersa nella sua passione e nei suoi dispositivi (cellulare su tutti); avendo il suo migliore alleato interno nel fratellino Aaron, che nel suo essere bambino riesce a comprenderla e anzi stimarla in modo del tutto spontaneo. Diversamente Mamma Linda, da parte sua, non la capisce forse altrettanto bene; tuttavia l’accetta e ama così come è. La mamma è sempre la mamma, ogni scarafò è bello a mamma sua, & così via.
Meno bene nella Mitchells Family (narananà! <schiocchi
di dita>) va tra Katie e papà Rick. Apparentemente nulla di che: il
classico conflitto generazionale tra una figlia ultratecnologica e un padre
che, un tempo in fissa con la natura, è rimasto comunque radicalmente avverso al mondo dei tasti e degli schermi.
Ma se per Linda e Aaron (comunque anch’essi molto attaccati ai
loro telefonini) l’intolleranza di Rick non costituisce un grave problema, per Katie
le cose sono molto più complicate: per la ragazza il cellulare e il computer
sono gli indispensabili mezzi con i quali crea la sua arte, esprimendo un
universo che – per assurdo che possa apparire agli altri – sente come
estremamente intimo e irrinunciabile. Il suo vero Io, che non saprebbe
rappresentare diversamente.
Tutti gli umani presi prigionieri, dicevamo… tranne, guarda
un po’, gli stessi Mitchell. Riusciranno i nostri riluttanti eroi a salvare il
mondo? Magari risolvendo nel contempo il loro problema interno? Chissà! ^^
Dal punto di vista tecnico-artistico, I Mitchell contro le macchine è un vero gioiello. La premiata ditta Phil Lord/Christopher Miller, qui produttori, non sbaglia un colpo, confermandosi con Sony Pictures Animation come un solido polo alternativo al predominio Disney Pixar per quanto riguarda l’animazione in 3DCGI. I loro film (sono gli autori dei già citati Piovono polpette e Spider-Man: Un nuovo universo, ma anche di The LEGO Movie per Warner Bros.), caratterizzati da uno stile dinamico e creativamente immaginifico, capace di costante evoluzione di opera in opera, associato a una scrittura sempre fresca, vivace e brillante.
Tutto ciò trova una continuità impeccabile in questo nuovo successo, scritto
e diretto da Michael Randa (Gravity Falls) e Jeff Rowe (Gravity Falls,
Disincanto) in un perfetto mix tra comedy e action. Alcune gag sono davvero esilaranti (il tormentone "cane! Maiale! Pane in cassetta!" ce lo ricorderemo a lungo...), così come alcuni "special guest" che non ci si aspetta, direttamente dal mondo dei giocattoli! Dulcis in fundo, ma questo prevedibilmente visto i precedenti, una colonna sonora ricca e azzeccatissima.
Dal punto di vista della trama, e soprattutto dei contenuti, I Mitchell contro le macchine mi sembra invece decisamente più banale. Da un lato c'è questa dimensione da famiglia americana media ma disfunzionale, capace tuttavia di risolvere ogni problema al suo interno, che – come abbiamo visto – riporta paro paro all'ormai vetusto modello Simpson. Il personaggio più discutibile in tal senso è Linda, raffigurata esclusivamente come über-madre, interessata solo a tenere insieme la famiglia, capace di ottenere quasi dei superpoteri se gli toccano i figli, e via discorrendo. Una caratterizzazione decisamente troppo piatta e univoca; arretrata persino rispetto al modello di Marge Simpson: che almeno in alcuni – a volte eccellenti – episodi della sua serie, ha saputo provvisoriamente emanciparsi dal suo ruolo di insostituibile perno familiare.
Dall'altro lato, [piccolo SPOILER se volete] c'è la questione dell'omosessualità di Katie, che viene consegnata a una battuta finale, molto (troppo) rapida e breve. Finalmente accasatasi nel suo college, durante una videochiamata Linda chiede a Katie, tra le varie cose, come va con Jade (una sua compagna di college), se è ufficiale e intende invitarla per il Ringraziamento. Katie risponde che è troppo presto, che ancora è solo una settimana. Ovvero: Katie si è messa con Jade, con la quale dialogava online già a inizio film (non solo per l'arte aveva fretta di raggiungere il college, evidentemente...), e Linda accetta la cosa molto spontaneamente.
Come ravvisato da molti commentatori, in sé stesso questo è un messaggio senz'altro molto positivo: un outing appreso con perfetta naturalezza, come in un mondo ideale dovrebbe sempre essere. Tuttavia, non si può far a meno di notare come tutto questo sia compresso in un momento brevissimo in conclusione del film. E di come Katie e Jade vengano sempre, rigorosamente rappresentate come fisicamente distanti: nella scena del college Jade appare solo dalla porta della stanza di Katie, per invitarla – tra l'altro piuttosto anonimamente – a una festa; persino Aaron è raffigurato più prossimo alla sua piccola fiamma, la figlia dei vicini perfettini (in una scena in cui giocano da soli, nella camera del piccolo, uno accanto all'altra sotto una tenda). Insomma tutto mi dà l'impressione di un "vorrei ma non posso": una concessione alla sfera LGBTQ+ un po' troppo timorosa, appena accennata forse per non voler offendere nessuno, scottandosi presso un certo tipo di pubblico "troppo conservatore".
Sotto questo aspetto, mi sembra che l'animazione seriale sia avanti anni luce rispetto a quella dei lungometraggi: pensate solo a opere magnifiche come Adventure Time, Steven Universe o She-Ra e le Principesse del potere, e le loro geniali – e decisamente più esplicite e coraggiose – rappresentazioni dell'inclusività, LGBTQ+ e non solo (nei Mitchell la cosa più inclusiva, a dirla tutta, è la vicenda dei due robot impazziti che si aggregano alla famiglia). Ed è un gran peccato, perché con Katie, personaggio splendido e complesso, si poteva sicuramente "osare" qualcosa di più. I tempi mi sembrano francamente più che maturi... forse dobbiamo sperare in un eventuale sequel?
(A voler essere molto magnanimi, forse l'intero dissidio tra Katie e Rick potrebbe essere letto come metafora delle incomprensioni che possono sorgere di fronte all'outing omosessuale di un figlio. Ma, fosse anche, sempre lì siamo: troppa vaghezza nell'esprimerlo.) [FINE SPOILER]
Diversamente risulta piuttosto prevedibile nella trama, e oserei dire "conservatore" sul piano contenutistico: dove, oltre a sprecare un'interessante apertura queer, si attesta su una eccentricità di facciata, sostanzialmente innocua e già vista (again, i Simpson), che fa da paravento al solito discorso sui buoni sentimenti & la famiglia media americana. Ne più, ne meno, mi sembra.
Scritto e diretto da Michael Randa e Jeff Rowe.
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